Le terapie e la cura
Attualmente la malattia di Alzheimer non è guaribile, ma esistono farmaci che possono migliorare alcuni sintomi cognitivi, funzionali e comportamentali e numerose tecniche e attività in grado di ridurre i disturbi del comportamento. I farmaci oggi disponibili sono gli inibitori della acetilcolinesterasi e la memantina, un farmaco che appartiene alla classe degli aminoadamantani.
Gli inibitori della acetilcolinesterasi (un enzima che distrugge il neurotrasmettitore acetilcolina responsabile dell’invio di messaggi da una cellula nervosa all’altra) risultano efficaci nelle prime fasi della malattia e la memantina dovrebbe essere impiegata nelle forme moderatamente gravi o gravi.
In assenza di risposte terapeutiche risolutive diventa sempre più importante il “prendersi cura” della persona malata per migliorarne la qualità di vita sotto tutti gli aspetti. In questo senso, vengono utilizzate terapie di riabilitazione che hanno lo scopo di mantenere il più a lungo possibile le capacità residue del malato.
Il primo obiettivo della stimolazione cognitiva è quello di mantenere la mente delle persone con demenza attiva ed impegnata. La mancanza di attività cognitiva accelera il declino cognitivo nell’invecchiamento normale così come nella demenza (Breuil, 1994; Small, 2002). Quando si valuta la possibilità di un intervento di stimolazione si deve cercare di proporre attività che richiedano uno sforzo adeguato alle abilità residue della persona per evitare di alimentare la percezione di inadeguatezza e incapacità. Le linee guida italiane sul trattamento delle demenze e in particolare della demenza di Alzheimer prevedono l’utilizzo di training di memoria, della terapia di orientamento alla realtà (R.O.T.) e l’utilizzo di interventi combinati farmacologici e non farmacologici (Caltagirone et al., 2005; Consensus Conference sulla riabilitazione Neuropsicologica, 2010; Vasse et al., 2012).
La terapia di orientamento alla realtà (R.O.T.) è finalizzata a riorientare la persona con demenza rispetto a sé, alla propria storia e all’ambiente circostante rendendo il soggetto ancora partecipe alle relazioni sociali e all’ambiente che lo circonda. Tramite ripetitive stimolazioni verbali, visive, scritte e musicali, la R.O.T. si prefigge di rafforzare:
- l’orientamento nel tempo stimolando il ricordo del giorno, del mese, dell’anno, delle festività, attraverso calendari, lavagnette e orologi;
- l’orientamento nello spazio mediante il ricordo del luogo di un incontro, di percorsi, richiami verbali e cartelli specifici di orientamento sulle varie stanze della casa (es: bagno, cucina, stanza da letto, ecc);
- l’orientamento rispetto a sé stessi attraverso la stimolazione del ricordo dei dati anagrafici e della storia personale, con l’ausilio di foto, documenti o ricordi.
In associazione alla R.O.T. può essere usata la tecnica del Memory Training che si rivolge a pazienti affetti da demenza medio-lieve senza associati disturbi comportamentali. L’intervento si propone di stimolare e migliorare la memoria procedurale (la memoria di come si fanno le cose e di come si usano gli oggetti) del paziente coinvolgendolo nelle attività di base della vita quotidiana.
La Terapia di Stimolazione Cognitiva (C.S.T.) rappresenta un trattamento non farmacologico efficace nelle demenze di grado lieve moderato in grado di potenziare l’effetto dei farmaci. In particolare dopo la C.S.T. è stato osservato un miglioramento di alcune funzioni cognitive specifiche quali la memoria, la comprensione verbale, e l’orientamento valutato attraverso il Mini-Mental State Examination M.M.S.E. (Spector et al., 2003; Aguirre et al., 2013). Inoltre la C.S.T. incrementa la qualità di vita, il benessere psicologico delle persone con demenza (Woods et al., 2012) e agisce sul controllo e la riduzione dei sintomi comportamentali e psicologici (Woods, et al., 2006).
La Terapia di validazione si rivolge invece a pazienti con demenza di grado moderato-severo e con disturbi del comportamento (BPSD) le cui scarse, residue risorse cognitive controindicano tecniche quali la R.O.T. e C.S.T. Questa terapia si basa sulla convalidazione degli stati dell’anziano con demenza. Tramite l‘ascolto si cerca di conoscere la visione della realtà della persona con demenza (il cui deficit di memoria può portarlo a vivere ad es nella sua giovinezza) al fine di creare contatti relazionali ed emotivi significativi. La terapia non ha l’obiettivo di ricondurre la persona alla realtà attuale ma piuttosto di migliorare la comunicazione (verbale e non-verbale) ed evitare la completa deprivazione di stimoli e la totale chiusura in sé stessi. Questa terapia sembra essere di aiuto nel migliorare la relazione interpersonale con il caregiver nella demenza.
Musicoterapia che riporta a galla con le emozioni le parole di una canzone o il suono di uno strumento;
Psicomotricità che aiuta il malato ad affrontare la propria disabilità con attività di movimento;
Pet Therapy che utilizza gli animali.
L’ampia e crescente diffusione nella popolazione, la limitata e comunque non risolutiva efficacia delle terapie disponibili, l’enorme investimento in termini di risorse necessarie (emotive, organizzative ed economiche) che ricadono su chi si prende a carico il malato (carer) rendono l’Alzheimer una delle patologie a più grave impatto sociale del mondo.
Per sua natura, infatti, questa malattia crea dei bisogni non solo sanitari e impone un ruolo chiave alla famiglia del malato nell’assistenza quotidiana. La famiglia – da considerarsi la seconda vittima della malattia – non può però essere lasciata sola nella gestione dei numerosi problemi della vita di ogni giorno.
Un supporto importante può venire da una rete efficiente di servizi territoriali (medico di famiglia, centri diurni, assistenza domiciliare integrata), nonché dalle associazioni di familiari, che con la loro attività di informazione/formazione/sostegno costituiscono spesso un punto di riferimento per le famiglie. Queste attività si sono dimostrate in diversi studi uno strumento efficace sia per il controllo dei disturbi comportamentali del malato di Alzheimer sia per rendere meno gravosi il carico assistenziale e lo stress dei familiari e in particolare del carer. È essenziale, inoltre, realizzare una “alleanza terapeutica” tra famiglie, medici, operatori, istituzioni e associazioni finalizzata a creare nuovi percorsi di ricerca, cura e assistenza che rispondano alle reali esigenze dei malati.